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Nutrimenti, 2019
Abstract: Quando il 5 maggio del 1938 Carolina Esposito, abile sarta napoletana, vede dal balcone del suo salotto la berlina con Hitler e Vittorio Emanuele sfilare lungo via Partenope, intuisce con anticipo quello che tanti napoletani capiranno soltanto molto più tardi: la guerra ci sarà. È in quell’istante che Carolina prende la decisione: sarà la sua sartoria, che la donna gestisce con bravura e volontà di ferro in via Chiatamone, lo strumento per superare gli anni difficili, il mezzo su cui far salire la sua famiglia, gli amici più cari e le sue lavoranti, e traghettarli nel lungo viaggio attraverso la fame, i bombardamenti, la paura, la confusione, oltre l’orrore del conflitto.
Moderators: Valentina Tosi
15 settembre 2024 alle 06:35
Non è stato il piazzamento da finalista al Premio Calvino che mi ha indotto a leggere questo libro, bensì l´ultima di copertina che parla di una donna dalla eccezionale forza d´animo nella città di Napoli durante la guerra. Quindi la presenza di un personaggio altamente positivo nel dramma della seconda guerra mondiale ha costituito per me l´incentivo per acquisire questo romanzo. Purtroppo, già dall´inizio della lettura mi sono imbattuto in un particolare che mi ha mal predisposto, vale a dire i dialoghi dei personaggi nel dialetto napoletano che ogni tanto usa anche la voce narrante. Qualcosa sono riuscito a capire, per altre sono andato a senso, per non poche frasi mi sono arreso. Mi chiedo che logica ci possa essere nel fatto che un narratore italiano non scriva nella nostra lingua, ma in un dialetto locale, anche se abbastanza conosciuto. Per un appassionato di letteratura come me arrivare all´ultima pagina è stata una fatica non indifferente e pur tuttavia sono riuscito a comprendere le intenzioni di Marinella Savino, e cioè narrare una saga familiare in capo a un personaggio notevolmente positivo nello scenario, prima incombente, poi presente, di un conflitto sanguinoso. Nello scopo c´era tanto materiale da trattare, si presentavano tante opportunità per non dico scrivere un romanzo del livello di La Storia, di Elsa Morante, ma comunque un´opera che parlasse della tragedia della guerra non in modo convenzionale. E invece a Marinella Savino sfugge la misura nel descrivere i drammi che finiscono per coinvolgere ben poco chi legge. I bombardamenti così diventano la materia prima per affermare la generosità della protagonista e di suo marito, encomiabile indubbiamente, ma senza che si possa arrivare a comprendere l´evidente dilemma dei due fra il desiderio di aiutare e la paura di sobbarcarsi così un onere eccessivo. Ci troviamo di fronte al classico caso che non ci sono vie di mezzo, come invece nella realtà, o buoni solo, oppure solamente cattivi, per quanto questi ultimi siano sullo sfondo rappresentati impersonalmente dai gerarchi fascisti e dalle truppe tedesche di occupazione.
Concludo quindi rilevando che alle buone intenzioni poi non sono corrisposti i fatti per concretizzarle, ma sarebbe stato, secondo me, comunque un romanzo accettabile se non presentasse il già evidenziato difetto della difficile leggibilità per il ricorso continuo al dialetto, purtroppo non sempre comprensibile. E´ questo senza dubbio l´elemento negativo più evidente e che svilisce marcatamente l´opera.
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