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Mondadori, 2024
Abstract: A un secolo dal delitto Matteotti, il ricordo del deputato socialista rischia di rimanere confinato alle terribili modalità della sua morte, che hanno fatto di lui un’icona del martirio. A ciò si è aggiunta l’evocazione di una poco convincente pista affaristica sulle ragioni dell’omicidio, che in realtà fu la risposta di Mussolini all’intollerabile sfida di quel tenace e inflessibile avversario che in Parlamento lo contrastava efficacemente. È dunque rimasto trascurato e poco conosciuto il vero Matteotti: il politico animato da un intransigente progetto riformista, il coerente assertore di una lungimirante visione internazionalista, il leader che si espone anche per i tanti compagni defilatisi quando la lotta diviene senza risparmio di colpi. Questo libro, frutto di una lunga ricerca su documentazione d’epoca, ricostruisce fin nei dettagli la figura di Giacomo Matteotti nella dimensione famigliare, nell’affermazione sulla scena nazionale quale implacabile oppositore dell’illegalismo fascista e – prima ancora – del massimalismo socialista. Ma non solo. In parallelo, quasi in un gioco di specchi, il volume illustra i significativi intrecci personali e politici con l’itinerario di Benito Mussolini, dall’iniziale collocazione in area socialista e dalle comuni pulsioni antimilitariste, e poi nelle diversificazioni dinanzi alla Grande Guerra, con una contrapposizione costante e irreversibile sino al tragico epilogo. La ricostruzione di Franzinelli va ben oltre l’arco temporale della vita di Matteotti: segue infatti le tracce degli assassini, approfondisce personalità e ruolo di esecutori e complici, individua i solerti depistatori ed esamina la (momentanea) disgregazione del blocco mussoliniano provocata dallo sdegno per il delitto, spiega le modalità di superamento della più grave crisi politica del Ventennio, svela le mistificazioni del processo alla «Ceka del Viminale» e porta alla luce il persistente legame tra il duce e il gruppo criminale cui commissionò l’eliminazione di quel suo nemico giurato.
Moderators: Valentina Tosi
5 marzo 2025 alle 17:27
Matteotti e Mussolini sono stati due emblemi di una concezione diversa del potere, il primo convinto che il potere risieda nella volontà popolare espressa liberamente e nella democrazia, il secondo avviato a spron battuto verso logiche di dittatura, contrario a ogni confronto di opinioni e di idee diverse.
La differenza di vedute risiede evidentemente nel concetto innato in Matteotti che solo con un contrasto politico paritario il paese Italia potesse vivere le difficili fasi del dopoguerra; per Mussolini non era invece questione di dare un’impronta allo stato affinché l’Italia riuscisse ad avere prospettive economiche e sociali, ma nel suo ego smisurato non poteva che concepire l’identificazione fra la sua persona e l’intera nazione. Si trattava di posizioni sicuramente inconciliabili e in un’aula parlamentare che vedeva primeggiare il movimento fascista senza lasciare spazi all’opposizione Matteotti rappresentava l’unica voce, forte, di dissenso. A fronte di un programma che vedeva solo l’ascesa al potere assoluto di Mussolini, Matteotti contrapponeva un deciso progetto riformista ed era anche l’unica effettiva voce di una politica di opposizione, capace come un pugile di ribattere gli assalti degli avversari. Per il futuro duce divenne in breve una spina nel fianco, che tendeva a condizionarlo sempre di più e che pertanto doveva essere messa a tacere. Forse non intendeva proprio sopprimerlo , ma questo non potremo mai saperlo, forse voleva che le sue minacce fossero più concrete di un avvertimento, sta di fatto però che Matteotti finì con il soccombere non tanto politicamente, ma fisicamente.
Franzinelli nel suo bel saggio tende a togliere quell’alone di mito imputabile soprattutto alla fine violenta del politico polesano, restituendo invece la figura di un uomo di ampi meriti non strettamente legati alla sua opposizione al fascismo, che pure è già molto, ma alla sua capacità di avere una visione dell’umanità che si potrebbe definire molto avveniristica, un uomo che intendeva dare una veste di dignità ai lavoratori senza distinzioni geografiche, insomma un’idea di universalità.
Il libro parla dei rapporti fra Mussolini e Matteotti fin da quando il primo era un membro del partito socialista, il che lascia intendere che entrambi si conoscessero assai bene; proprio tale circostanza giustifica la preoccupazione del secondo per una vendetta del primo dopo il suo discorso alla Camera dei Deputati del 30 maggio 1924 con cui contestava i risultati elettorali del 6 aprile guastando così la festa del primo ormai convinto di vedere trionfare il fascismo. Assai probabilmente Mussolini la prese come la massima delle offese, ragion per cui Matteotti che, nonostante fosse solo, combatteva strenuamente, doveva essere messo a tacere, così che passarono pochi giorni e il 10 giugno scattò la vendetta.
Franzinelli va oltre la morte di Matteotti, parla delle indagini, di tutte le fasi successive a un delitto di cui ancor oggi si prova l’orrore, con una completezza di grande valore, non disgiunta da un ‘esposizione che privilegia la concretezza alla prolissità.
Da leggere, quindi.
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