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Nella quiete del tempo
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Tokarczuk, Olga <1962->

Nella quiete del tempo

Roma : Nottetempo, 2013

Abstract: Prawiek è un villaggio situato al centro dell'universo e protetto da quattro arcangeli, che ne vegliano i confini. Ad abitare le sue valli e ad allevare carpe nei suoi stagni, ci sono personaggi bizzarri come carte dei tarocchi: il vecchio Boski che appollaiato su un tetto sogna di distruggere d'un soffio tutto ciò che vede; il castellano Popielski che passa la vita a giocare a un misterioso gioco da tavolo; Spighetta che ha occhi capaci di arrivare all'anima degli individui, Ruta che sa riconoscere il suono del cuore della terra e Genowefa che sembra dare movimento al mondo girando la manovella di un macinacaffè. Alle loro spalle e anche nelle loro vite si agita la storia inquieta del Novecento, le guerre che fanno strage delle stirpi degli uomini e stravolgono i regimi. Sopra a ciascuno, un Dio vanitoso ed egoista che dà avvio alla creazione per noia e si è stufato degli uomini. Attraverso gli eventi e le svolte del secolo scorso, Olga Tokarczuk ricostruisce con parole che si fanno immagini un mito nel quale ogni gesto umano trova la sua necessità.

Moderators: Valentina Tosi

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“Il tempo del macinacaffè di Misia”
“Gli uomini credono di vivere più intensamente degli animali, delle piante, e a maggior ragione delle cose. Gli animali intuiscono di vivere più intensamente delle piante e delle cose. Le piante sognano di vivere più intensamente delle cose. Quanto alle cose durano, e questa durata è più vitale di tutto il resto.
   Il macinacaffè di Misia aveva visto la luce per opera di mani sconosciute, che avevano unito il legno, la porcellana e l’ottone in un unico oggetto. Legno, porcellana e ottone avevano materializzato l’dea del macinare. Macinare chicchi di caffè e poi versarci acqua bollente. Non c’è nessuno a cui sia possibile attribuire l’invenzione del macinacaffè, dal momento che l’atto del creare non è che l’evocazione di ciò che esiste al di fuori del tempo, cioè da sempre. L’uomo non è in grado di creare dal nulla, questa è una prerogativa divina.
   Il macinacaffè ha una pancia di porcellana bianca con una apertura in cui un cassettino di legno raccoglie il frutto del lavoro. Sulla pancia è incastrato un cappello di ottone munito di manovella che termina con una impugnatura di legno. Il cappello ha una cavità chiusa in cui si versano i tintinnanti chicchi di caffè.
   Il macinacaffè aveva visto la luce in qualche manifattura, poi era finito in una casa, dove sempre prima di mezzogiorno macinava il caffè. Lo stringevano mani calde e vive. Lo premevano contro un petto nel quale, sotto il percalle o la flanella, batteva un cuore umano. Poi la guerra nel suo impeto lo aveva trasferito dal sicuro ripiano della cucina in una scatola con altri oggetti, in borse da viaggio e sacchi, in vagoni dove la gente si spingeva in preda al panico di fronte a una morte violenta. Il macinacaffè, come ogni altra cosa, assorbiva tutta la confusione del mondo: immagini di treni bombardati, pigri rigagnoli di sangue, case abbandonate nelle cui finestre giocherellava ogni anno un vento diverso. Assorbiva il calore dei corpi umani che si andavano raffreddando e la disperazione di chi abbandona ciò che gli è familiare. Le mani lo sfioravano e gli trasmettevano un’incalcolabile quantità di emozioni e pensieri. Il macinacaffè li accoglieva: ogni materia deve infatti avere la capacità di trattenere quanto è sfuggevole e transitorio.
   …”

Si possono raccontare con leggerezza anche le vicende più terribili, c’è compassione nel descrivere le azioni più turpi, poesia e fede nel vivere con la consapevolezza di far parte del mondo e di non conoscerne il senso fino in fondo. Tutto questo e altro nel bellissimo racconto che parte dal piccolo villaggio di Prawjek, il centro dell’universo, per toccare poi sogni e mondi differenti, popolati da arcangeli, destini, boschi e incubi, fino al grande “Ignis fatuus ovvero Gioco istruttivo per un solo giocatore” che ciascuno di noi è chiamato a giocare nella sua vita.
Da leggere con calma, quando si sia liberi da altri impegni, con accanto matita e quaderno perché ogni pagina suggerisce riflessioni.

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