Forum » Search
Thread | Order: Relevance | Date | Title | RSS Feed |
---|---|---|
La sartoria di via Chiatamone - Marinella Savino
Non è stato il piazzamento da finalista al Premio Calvino che mi ha indotto a leggere questo libro, bensì l´ultima di copertina che parla di una donna dalla eccezionale forza d´animo nella città di Napoli durante la guerra. Quindi la presenza di un personaggio altamente positivo nel dramma della seconda guerra mondiale ha costituito per me l´incentivo per acquisire questo romanzo. Purtroppo, già dall´inizio della lettura mi sono imbattuto in un particolare che mi ha mal predisposto, vale a dire i dialoghi dei personaggi nel dialetto napoletano che ogni tanto usa anche la voce narrante. Qualcosa sono riuscito a capire, per altre sono andato a senso, per non poche frasi mi sono arreso. Mi chiedo che logica ci possa essere nel fatto che un narratore italiano non scriva nella nostra lingua, ma in un dialetto locale, anche se abbastanza conosciuto. Per un appassionato di letteratura come me arrivare all´ultima pagina è stata una fatica non indifferente e pur tuttavia sono riuscito a comprendere le intenzioni di Marinella Savino, e cioè narrare una saga familiare in capo a un personaggio notevolmente positivo nello scenario, prima incombente, poi presente, di un conflitto sanguinoso. Nello scopo c´era tanto materiale da trattare, si presentavano tante opportunità per non dico scrivere un romanzo del livello di La Storia, di Elsa Morante, ma comunque un´opera che parlasse della tragedia della guerra non in modo convenzionale. E invece a Marinella Savino sfugge la misura nel descrivere i drammi che finiscono per coinvolgere ben poco chi legge. I bombardamenti così diventano la materia prima per affermare la generosità della protagonista e di suo marito, encomiabile indubbiamente, ma senza che si possa arrivare a comprendere l´evidente dilemma dei due fra il desiderio di aiutare e la paura di sobbarcarsi così un onere eccessivo. Ci troviamo di fronte al classico caso che non ci sono vie di mezzo, come invece nella realtà, o buoni solo, oppure solamente cattivi, per quanto questi ultimi siano sullo sfondo rappresentati impersonalmente dai gerarchi fascisti e dalle truppe tedesche di occupazione.
|
||
Il segno di Attila - Guido Cervo
Ho letto ormai pressoché tutto della non trascurabile produzione di Guido Cervo, autore di romanzi ambientati in epoche diverse, opere di cui sempre ho potuto apprezzare la fondatezza storica e l´assenza di eccessi nella creatività, sia per quanto concerne i personaggi realmente vissuti, sia per quanto riguarda quelli frutto esclusivamente di fantasia. In questo libro, Il segno di Attila, si occupa della guerra fra unni e romani, in piena decadenza dell´impero che ha già subito parecchie invasioni barbariche e che addirittura nel 455 ha patito il sacco di Roma da parte dei vandali di Genserico, allorché la città non era più da tempo capitale dell´impero, essendo divenuta tale nel 402 Ravenna, dove Onorio trasferì la sua corte per le maggiori capacità di difesa offerte dal nuovo insediamento. In effetti, l´occidente romano sembrava diventato facile terreno di conquista, consentendo a barbari provenienti dal Nord e dall´Est di erodere piano piano i territori che erano stati parte dell´impero. Una minaccia particolarmente pericolosa veniva dagli Unni, il cui re Attila si era messo in testa di occupare la Gallia, desideroso di impalmare Onoria, sorella dell´imperatore Valentiniano III, in ciò spronato da un desiderio espresso dalla stessa di essere liberata dall´ambiente oppressivo di corte. Attila di certo equivocò, perché a Onoria non era mai passata per la mente l´idea di unirsi in matrimonio con il potente re degli Unni. Agli inizi della guerra i feroci Unni dilagarono in Gallia, ma poi si trovarono di fronte il magister militum Flavio Ezio, che riuscì ad avere come alleati i visigoti e altre tribù germaniche. Lo scontro avvenne il 20 giugno del 451 ai campi Catalaunici e la vittoria arrise ai romani, ma Flavio Ezio evitò di ottenere un risultato schiacciante, nel timore che l´annientamento degli Unni potesse di fatto rafforzare notevolmente i Visigoti. Fu un errore gravissimo, perché l´anno dopo Attila rivolse le sue mire sull´Italia.
|
||
Stirpe selvaggia - Eraldo Baldini
Stirpe selvaggia è la storia di un’amicizia fra tre bambini coetanei di nove anni, Mariano, Rachele e Amerigo, quest’ultimo concepito in America nel corso di un fugace rapporto della madre con Buffalo Bill; sullo sfondo ci sono i boschi dell’Appennino bolognese, carichi di leggende che li rendono esseri animati, ammantando il tutto di un alone magico. La trama inizia nel lontano 1906 e finisce nel novembre del 1944, un arco di tempo di particolare rilievo nella prima metà dello scorso secolo. Il paesino dove vivono i tre bimbi, San Sebastiano in Alpe, è popolato da personaggi indimenticabili e ricorda un po’ la Macondo di Gabriel García Márquez, sebbene in veste italiana e per certi aspetti migliore di quella uscita dalla penna del narratore colombiano.
|
||
L'aquila sul Nilo - Guido Cervo
Delle notevoli capacità di Guido Cervo ho avuto ampia prova in più occasioni, in romanzi storici ambientati in epoche diverse, ma tutti egualmente avvincenti, scritti in un italiano impeccabile e con uno stile che non solo non affatica il lettore, ma che lo affascina. Tuttavia, come sempre, pur nell´eccellenza, c´è sempre qualcosa di più della stessa ed è questo il caso di L´aquila sul Nilo, un´opera che non è solo frutto di pura fantasia. Infatti la ricerca delle sorgenti del Nilo fu disposta da Nerone e la spedizione che ne seguì, comandata da due centurioni dei pretoriani, si svolse tra il 61 e il 62 d.C.; come accadde in realtà, anche per la limitatezza dei mezzi impiegati per un´impresa ancor oggi di particolare complessità, il risultato non venne, o meglio gli esploratori poterono solo percorrere una parte, anche se significativa, dell´intero percorso. Il libro di Guido Cervo ci parla di questa spedizione dando spazio a un´ampia creatività, pur in presenza di elementi, quali località, popolazioni, eventi dell´epoca che sono veritieri. I protagonisti sono senz´altro ben azzeccati, descritti anche nel loro carattere con poche efficaci parole; troviamo così i due pari grado Marco Damazio e Gaio Terenzio, diversi per carattere, ma ugualmente bravi e atti al comando, il tribuno Marco Valerio, comandante del piccolo contingente di legionari di stanza a Meroe, capitale della Nubia, lì presente dopo aver aiutato quel regno in una difficile guerra, la bellissima ed enigmatica regina Amanikatashan. La descrizione della navigazione sul Nilo, delle avventure e disavventure incontrate in quella via terra, i panorami di un mondo così diverso dal nostro, le languide albe e i caldi tramonti finiscono con l´avvincere il lettore, poco a poco lo rendono partecipe di fatiche immani, gli fanno percepire l´odore dolciastro del sangue, gli incutono i timori e le paure che effettivamente devono avere provato quegli esploratori. Fra tribù amiche e altre ostili, incalzati dagli antropofagi i membri della spedizione, in numero sempre più ridotto per decessi dovuti a febbri malariche o ad aggressioni degli indigeni, proseguono per la gloria di Roma. In questo quadro, di per sé già importante, si inseriscono poi l´amore di un tribuno per la bellissima regina dei nubiani e la guerra che questa deve sostenere contro un tentativo di usurpazione. Ci sono battaglie sanguinose descritte mirabilmente, ma anche scene di intimità coinvolgenti e descritte con mano felice e leggera, insomma tutto quanto si può desiderare in quello che senza ombra di dubbio può essere considerato un romanzo veramente bello e senz´altro, se non il migliore, uno dei migliori fra quelli scritti da Guido Cervo, l´ideale per trascorrere ore piacevoli entrando a far parte di un sogno a occhi aperti. RENZO MONTAGNOLI - 2 mesi fa |
||
Croce e il fascismo - Mimmo Franzinelli
I rapporti fra Benedetto Croce e il fascismo costituiscono una storia di particolare interesse che la penna di Mimmo Franzinelli con questo suo saggio fa diventare affascinante. Di questo autore ho già apprezzato i suoi scritti sul fenomeno del fascismo e mai avrei pensato che andasse a indagare sull´attività del filosofo abruzzese, benché sia a tutti noto come nel ventennio abbia rappresentato l´unica voce libera e indipendente espressa sul suolo italico. Certo, Benedetto Croce era un intellettuale di primo piano, di notevole prestigio internazionale, a cui il regime accordò una certa libertà di espressione, non solo per il carisma che era proprio del filosofo, ma anche perché così manteneva la speranza di poterlo avere un giorno fra i suoi esponenti, rappresentando quella figura indispensabile per dare una patina ideologica e culturale a un movimento che invece lì aveva delle notevoli carenze. Il libro di Franzinelli è ben strutturato e ripercorre le varie fasi di avvento, di consolidamento e infine di decadenza del fascismo, ovviamente tenendo conto dei rapporti instaurati con Benedetto Croce che agli inizi, da buon liberale, vide in Mussolini e nei suoi seguaci l´irripetibile occasione per frenare la possibilità di un avvento del comunismo in Italia; in tal senso appoggiò il fascismo, arrivando perfino a votare la fiducia al governo Mussolini successivamente all´uccisione di Giacomo Matteotti. Al riguardo diede una giustificazione del suo comportamento non proprio convincente, che anzi definirei puerile, tanto più che era consapevole che ormai si andava verso una dittatura, che lui era convinto fosse necessaria, ma di carattere temporaneo e comunque passibile di facile rimozione. E´ solo quando scrisse Il manifesto degli intellettuali antifascisti, apparso sul quotidiano Il Mondo il 1° Maggio 1925, che fece chiarezza sul suo comportamento, in precedenza abbastanza ondivago, il che mi induce a pensare che come filosofo fosse indubbiamente valido e coerente, mentre come politico cercasse solo di galleggiare in una successione di fatti che rispondevano sempre meno alle sue aspettative. E´ evidente che con la pubblicazione di quel manifesto Croce fece la sua scelta e fu una scelta di civiltà e di libertà. Inoltre ciò indusse molti giovani a considerarlo come un padre putativo della loro lotta non sola politica alla dittatura, e fra questi valga un nome per tutti, e cioè Piero Gobetti.
|
||
R: Se esiste un perdono - romanzo di Fabiano Massimi
A Massimi fa riconosciuto il merito di aver portato a conoscenza di molti italiani la figura di Nicholas Winton, che, unitamente a Doreen Warriner e Trevor Chadwick, portò in salvo in Gran Bretagna 669 bambini, in buona parte ebrei, con trasporti in treno dalla Cecoslovacchia dalla fine del 1938 agli inizi del 1940.
|
||
Fermate il boia - Agatha Christie
E´ indubbia la capacità di Agathe Christie di cambiare le caratteristiche dei suoi protagonisti: con Miss Marple entra in gioco l´intuito, il particolare intuito femminile, grazie al quale si riesce a incastrare il colpevole; con Hercules Poirot invece è una fitta e intricata ragnatela che l´investigatore costruisce intorno a sé, una sorta di bozzolo, dal quale, svolgendo il filo, si viene a capo di un delitto. In entrambi i protagonisti c´è una caratteristica comune: non sono sposati, non è che conducano un´esistenza solitaria, semplicemente non hanno inteso legarsi a qualche altro essere umano, e il fatto strano è che non era dello stesso avviso la giallista inglese, visto che si sposò ben due volte.
|
||
Amarcord Mantova - Renzo Dall'Ara
A consigliarmi la lettura di questo libro è stata mia cugina che, nata alcuni anni prima di me, ha ritrovato nelle pagine un po´ del suo passato, perché Amarcord Mantova è una specie di autobiografia dell´autore, densa di eventi, di personaggi soprattutto locali, che per un mantovano è un piacere poter rammentare. In questo posso dire che il libro ha la chiave del suo successo, in questa memoria storica capace di raccontare con semplicità un mondo che progressivamente sempre più in pochi ricorderemo; tuttavia farei un torto a Renzo Dall´Ara se gli riconoscessi solo questi meriti, perché in realtà, grazie ai suoi molteplici interessi, anche molti non mantovani possono avere un gradimento nello scorrere le pagine che fluiscono costanti come un grande fiume, come appunto il Po che solca queste terre virgiliane.
|
||
Nevicava sangue - Eraldo Baldini
Occorre andare all´inferno e poi ritornare per poter reclamare la propria dignità di essere umano, per poter rialzare la testa e non essere più un servo della gleba. Francesco Mambelli, un mandriano di ventisei anni, che vive miseramente con la madre e con la figlioletta in una fattoria romagnola, è un uomo umile e tranquillo che si accontenta della sua condizione quasi che fosse naturale essere sottomessi a un padrone che tutto vuole e nulla dà. Il Morri, così si chiama il proprietario di quell´azienda, gli propone di sostituire il figlio nella chiamata alle armi, una proposta che è accompagnata dalla promessa di mantenere durante la sua assenza i familiari e da un congruo premio al ritorno. Se non dovesse accettare, però, ci sarebbe l´immediato licenziamento e così, con dolore, Francesco accetta, si arruola ed entra a far parte della napoleonica grande armata che si appresta a invadere la Russia. Se la marcia di avvicinamento a quel grande paese e poi la sua invasione fino ad arrivare a Mosca è già una tragedia, con le truppe in preda ai morsi della fame e a epidemie varie che le decimano, il ritorno, o meglio la ritirata, in un inferno di neve, di freddo e di fuoco, è un incubo. E´ vero, però, che certe prove fortificano gli uomini e infatti Francesco, che riesce a tornare a casa fra mille peripezie, si ritrova con l´animo indurito, ma soprattutto consapevole delle sue possibilità, e lo dimostra chiaramente nel verificare quanto accaduto in sua assenza.
|
||
Il martire fascista - Adriano Sofri
Il martire fascista è Francesco Sottostanti, un siciliano maestro di scuola elementare che, finita la Grande Guerra, va a insegnare a Gorizia, città da pochissimo annessa all´Italia e che pertanto, secondo Mussolini, ha necessità di essere italianizzata, anche usando le maniere forti, fra le quali il divieto dell´uso dello sloveno e l´imposizione della nostra lingua. Però nel 1930, nelle vicinanze di Gorizia, Francesco sottostanti viene ucciso a fucilate davanti alla porta della sua abitazione da alcuni antifascisti sloveni che tuttavia sbagliano il reale obiettivo, in quanto quello che doveva essere eliminato era suo fratello Ugo, un personaggio violento, che compiva soprusi sui bambini della sua classe e che puniva anche l´involontario ricorso allo sloveno per una sola parola aprendo la loro la bocca e sputandovi dentro, comportamento tanto più esecrabile ove si consideri che l´uomo era affetto da tubercolosi. Ad ogni buon conto l´occasione è favorevole per dare così vita a un martire fascista, con tutta la vuota retorica che ne consegue. Presto si accorgono dell´errore sia i sicari che la polizia; però l´interesse, comune, è di far finta di niente, perché per gli antifascisti sloveni sarebbe l´ammissione di un imperdonabile errore e per i fascisti invece vorrebbe dire fare marcia indietro nell´elogio del martire, dimostrando che il vero obiettivo, Ugo Sottostanti, molto più fascista del fratello ucciso, era un individuo ripugnante.
|
||
1218 Messaggi in 1006 Discussioni di 132 utenti
Attualmente online: Ci sono 8 utenti online