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La miglior vita - Fulvio Tomizza
Fulvio Tomizza è riuscito con questo libro a dare una visione completa di un popolo spurio, che solo alla fine della prima guerra mondiale si è accorto di essere italiano o slavo, non per scelta individuale, ma in quanto questa suddivisione divenne forzata.
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Gli sposi di via Rossetti - Fulvio Tomizza
Strano romanzo, ispirato da un fatto realmente accaduto, Gli sposi di via Rossetti è lo strumento che consente a Tomizza di esprimere con la sua ben nota lievità i sentimenti di una coppia che la guerra ha forzatamente separato e che li farà ritrovare uniti nel momento della tragica morte.
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Amore mio uccidi Garibaldi - di Isabella Bossi Fedrigotti
Forse sarà per l'età che mi porta a guardare indietro anziché in avanti, forse sarà perché le storie familiari, specie di un'epoca lontana, mi sono sempre piaciute, comunque sta di fatto che questo Amore mio uccidi Garibaldi mi ha affascinato. Di per sé può sembrare una storia come tante altre, di un periodo particolare della vita di due coniugi, ma l'epoca storica (è l'anno 1866), l'ambientazione, le atmosfere e indubbiamente la mano felice dell'autrice sono riuscite a trasformarla in un vero e proprio gioiellino. E credo che in larga parte non sia frutto d'invenzione, poiché qui Isabella Bossi Fedrigotti racconta del bisnonni paterni, vale a dire del conte Fedrigo Fedrigotti, e della principessa Leopoldina Lobkowitz, il primo un italiano di Rovereto in quel tempo ancora austriaca, la seconda boema di un nobile casato di grandi proprietà terriere. Sembra quasi che la terra unisca questi due esseri in un comune destino, ma su piani completamente diversi, perché Fedrigo è un piccolo nobile di campagna, appassionato agricoltore, ma con ben pochi mezzi finanziari, la seconda è una donna che fatica a trovare marito, pur essendo parte di una famiglia assai ricca.
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La donna dei fili - Ferdinando Camon
Credo di aver letto tutti libri che ha scritto Ferdinando Camon, tranne tre: La malattia chiamata uomo, Il canto delle balene e La donna dei fili. Perché questa lacuna? Per l´argomento trattato che ha a che fare con l´analisi psicologica, tematica che non solo non mi ha mai interessato, ma che ho sempre considerato non di mio gradimento. Di ciò è consapevole l´autore padovano, anche per il rapporto di conoscenza che ci lega, ma ammetto che questa mancata lettura un po´ mi fa vergognare e pertanto, approfittando dell´uscita della nuova edizione di La donna dei fili, per i tipi di Apogeo, ho deciso di ovviare a questa mia mancanza, certo di fare cosa giusta e perciò ricorrendo al mio massimo impegno.
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La libraia di Stalino - Leonardo Gori
Il mio incontro con i romanzi di Leonardo Gori è avvenuto con Nero di maggio, che vede come principale protagonista il capitano dei Reali Carabinieri Bruno Arcieri. Da allora non ho fatto altro che seguire le avventure di questo ufficiale dei servizi segreti, un personaggio indubbiamente indovinato, impegnato in azioni sempre avvincenti nel periodo che precede la seconda guerra mondiale e durante la stessa. La creatività di Leonardo Gori ha fatto sì che siano usciti romanzi con Bruno Arcieri anche dopo la fine conflitto, prose quasi sempre interessanti, ma a mio parere meno valide delle precedenti. Inoltre, è inevitabile che l´attrazione di un personaggio tenda a scemare con il tempo, che perda insomma quell´alone di simpatia che gli è proprio e me ne sono acconto con il penultimo libro dato alle stampe, vale a dire Quella vecchia storia, che proprio non mi è piaciuto. Poiché stimo l´autore, non ho voluto troncare la letture dei suoi lavori ed è così che ho preferito dargli un´ulteriore possibilità con La libraia di Stalino, pubblicato nella primavera del 2023, e devo dire che ho fatto bene. Certo gli anni pesano su Bruno Arcieri, ma questa sua escursione in terra di Russia durante la seconda guerra mondiale ha ritrovato quegli elementi positivi che ho sempre apprezzato e che tuttavia con il trascorrere del tempo si erano appannati. E´ inutile che, come si suol dire, meniamo il can per l´aia, e tanto vale che dica subito che il romanzo mi è piaciuto, senza riserve, fatta eccezione per qualche piccola mancanza di chiarezza che comunque non è tale da invalidare il giudizio positivo. Leonardo Gori, da un´idea in fin dei conti semplice (la ricerca di una spia inglese a Stalino che ha lanciato un messaggio radio che preannunciava gravissime rivelazioni, chiedendo cifrari nuovi onde evitare di essere intercettato), è riuscito a trarre una storia convincente e assai interessante. Ebbene, più che la spia, a quanto pare dimorante a Stalino, dentro o nelle vicinanze dell´ospedale militare italiano, ciò che interessa ai nostri servizi segreti è il contenuto di queste gravissime rivelazioni. Ed è per questo che il Capitano Bruco Arcieri viene inviato là; inizia così un´avventura che, come è anche caratteristica dell´autore, presenta numerosi personaggi, quasi tutti naturalmente sospettabili, ma c´è dell´altro che nobilita l´opera, è il rapporto che intercorre fra le violenze di una guerra e chi ne è partecipe, i suoi timori, la convinzione che piano piano prende piede sull´inutilità della stessa, il desiderio, come reazione, di aiutare chi ne è vittima, amico o nemico, insomma un tema che trascende la vicenda del thriller, un po´ aggrovigliata, ma dotata di una crescente e palpabile tensione che induce a una lettura senza soste per scoprire, fra tanti indiziati, chi sia la spia. La soluzione del caso avviene ovviamente alla fine ed è caratterizzata da una certa logicità, caratteristica indispensabile per non provocare delusioni e malumori in chi legge. Non aggiungo altro, perché sarebbe una cattiveria nei confronti dell´autore e del lettore anticipare la conclusione, che non può che lasciare soddisfatti. Tuttavia, temo che si tratti del canto del cigno di Bruno Arcieri; è una sensazione, in quanto credo che l´autore si sia accorto che il personaggio cominci a stancare. La mia ipotesi è avvalorata dal fatto che il suo prossimo libro, che uscirà il 18 giugno, intitolato Borgo Ottomila, propone due nuovi protagonisti: la Vice Questore Laura Novembre e il Sovrintendente Stefano Alfieri. Riusciranno a sostituire nel cuore dei lettori Bruno Arcieri? Staremo a a vedere, ma per ora vale la pena di leggere La libraia di Stalino, un bel romanzo e forse l´ultimo che vede protagonista l´indomito ufficiale. RENZO MONTAGNOLI - 4 mesi fa |
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Tango e gli altri - Francesco Guccini, Loriano Macchiavelli
Gran brutta cosa la guerra e ancor più brutta se è civile, cioè è uno scontro fra cittadini della stessa nazione. Il duo Guccini e Macchiavelli deve aver pensato che far riemergere fatti del periodo della Resistenza doveva essere una buona idea, anche per parlarne ai nati dopo, che altrimenti non possono sapere. Se poi, oltre a questa guerra per bande si aggiunge una vicenda gialla, cioè una strage di simpatizzanti fascisti di cui incolpare un giovane partigiano che fino alla sua condanna a morte e alla relativa esecuzione si proclama innocente, la narrazione diventa più interessante. Tuttavia, per poter discolpare la vittima di un errore giudiziario a distanza di anni si deve trovare un escamotage per chiamare in causa, per le indagini, il maresciallo maggiore dei carabinieri Benedetto Santovito che, guarda caso, all’epoca era in zona in una formazione partigiana delle Matteotti (l’innocente giustiziato si chiamava Roberto Cortesi, detto Bob, ed era membro di una banda garibaldina) con il nome di battaglia di Salerno, giunto troppo tardi per poter verificare o meno la colpevolezza decretata da un tribunale della Garibaldi. Non sto a descrivere questo escamotage che inizia a Bologna e che dà inizio a un’indagine di notevole complessità, sia per gli anni trascorsi dall’eccidio e dalla esecuzione, sia perché a muoversi sull’Appennino Tosco-emiliano ci si imbatte in montanari, brava gente, non c’è che dire, ma restia a sbottonarsi. Dato che Santovito non comanda più una stazione in loco, alle indagini partecipano anche altri marescialli, fra i quali il giovane Ares Amadori, probabilmente un raccomandato, saputello, ma che incide positivamente sul corso della ricerca del colpevole. La trama, che dovrebbe essere semplice, viene un po’ complicata dagli autori, con avvitamenti, capitoli in cui si torna al passato, anche depistaggi messi ad arte per disorientare il lettore. Ne è uscito così un romanzo corposo, che a mio parere, a beneficio del ritmo e della gradevolezza, avrebbe meritato la sforbiciata di almeno una cinquantina di pagine. L’interesse di chi legge non viene tuttavia mai meno, tanto che, sebbene si avverta una certa pesantezza, si ha fretta di scorrere alla svelta le pagine per arrivare all’ultima, con il nome del colpevole, che, nemmeno a farlo apposta, si trova proprio lì. Resta solo da chiedersi come si sia giunti alla conclusione, in base a quali criteri e indizi si sia arrivati a identificare il reo, colpevole per la strage e per aver fatto ricadere la colpa su un innocente, e lì sorgono non pochi interrogativi, che restano tali, lasciando un po’ di amaro in bocca, perché secondo me un romanzo così ben congegnato avrebbe meritato un finale più logico. RENZO MONTAGNOLI - 4 mesi fa |
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Il giardino delle belve - Jeffery Deaver
Paul Schumann, di origine tedesca, è forse il miglior killer sulla piazza e viene normalmente assoldato da famiglie della malavita per sopprimere altri delinquenti. E’ un tipo metodico e prudente nel suo lavoro, ma finisce tuttavia con l’essere incastrato dall’FBI che gli fa una strana proposta, cioè di eliminare Reinhard Ernst, uomo di fiducia di Hitler e preposto al riarmo tedesco, in cambio dell’immunità e di 10.000 dollari. Corre l’anno 1936 e sono prossime le olimpiadi di Berlino, avvenimento che consente a Schumann di arrivare in Germania come giornalista sportivo free lance. Inizia così un thriller ad altissima tensione, condotto in modo magistrale da Jeffery Deaver, un maestro del brivido, con una serie di eventi e di fatti, spesso rocamboleschi, che avvincono a tal punto che si desidererebbe procedere alla lettura senza interruzioni fino all’ultima delle 500 pagine. E’ indubbio il talento dell’autore perché, al di là della vicenda intricata, realizza un thriller di rara bellezza, riuscendo perfino a far diventare simpatico un killer come Paul Schumann. Infatti, l’uomo si muove in un ambiente, quello della dittatura nazista, in cui anche uno abituato a uccidere su commissione sembra un agnellino di fronte a dei professionisti della morte che sopprimono senza pietà persone quasi sempre innocenti, anche per fare sperimentazioni sul comportamento dei carnefici. Questo approccio con chi dà una morte asettica come il mezzo per raggiungere elevati livelli di efficienza incrina l’atteggiamento professionale del killer che comincia a commettere degli errori, ma che anche si rende conto dell’aberrante vita che ha fin lì sempre condotto. Ricercato da un poliziotto padre di famiglia, non violento e sicuramente non nazista, la trasformazione di Paul Schumann da belva a essere dotato di umanità si completa appunto in occasione dell’incontro con il suo cacciatore. Ne usciranno entrambi cambiati e in meglio, ma se per il detective della Kripo Willy Khol si tratterà della spinta a uscire dalla spirale di odio e violenza del nazismo lasciando con la famiglia la Germania, per il killer avverrà invece un radicale cambiamento dei suoi obiettivi, e non vado oltre, perché è giusto che il lettore scopra come sarà il finale di questo bellissimo romanzo, un’opera in grado di far trascorrere il tempo libero nel migliore dei modi. E aggiungo che, in un’epoca come l’attuale che vede il risorgere di vecchi movimenti estremisti che si credevano estinti, far sapere, soprattutto ai giovani d’oggi, come era la dittatura nazista si spera possa contribuire a risvegliare le coscienze onde evitare il ripetersi dei dolori e dei lutti che caratterizzarono la stessa.
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Dictator - Robert Harris
Questo è l’ultimo volume della trilogia dedicata a Marco Tullio Cicerone. E’ una biografia romanzata del famoso avvocato e politico romano, divisa appunto in tre libri, di cui il primo, Imperium, parla sostanzialmente della sua ascesa a Console, il secondo, Conspirata, della sua travagliata difesa del rango e della Repubblica con la famosa vicenda di Catilina e il terzo, Dictator, della sua ultima stagione, ormai consapevole della sua parabola discendente e della frantumazione della forma di governo repubblicana.
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L'arciere di Azincourt - romanzo di Bernard Cornwell
Il 25 ottobre 1415, nel contesto della guerra dei cent’anni, avvenne una battaglia nella piana di Azincourt, non molto lontano da Calais, fra le inferiori numericamente truppe inglesi comandate dal re Enrico V e ll poderoso esercito francese condotto da Carlo duca d’Orleans, Giovanni duca di Borbone e Giovanni duca di’Alençon. Non fu uno scontro decisivo in ordine allo svolgimento della guerra, ma viene ricordato perché gli inglesi, stanchi, a corto di viveri e minati da un’epidemia di dissenteria, ebbero ragione dei ben più numerosi e riposati francesi. Diverse sono cause di questa disfatta, in parte dovute al terreno su cui si svolse lo scontro (un vero e proprio pantano in cui si dibatterono fra mille difficoltà le truppe d’oltralpe dotate di pesanti armature), in parte agli abili e micidiali arcieri inglesi, che grazie anche ai loro particolari archi, fecero scempio della temutissima cavalleria nemica. Dato il risultato eclatante parecchi artisti ne parlarono con le loro opere, come in campo teatrale Shakespeare con il suo Enrico V, oppure, in campo cinematografico Laurence Olivier e Kenneth Branagh con le due pellicole dal medesimo titolo (Enrico V). Inoltre i saggi storici sono assai numerosi e analizzano compiutamente e da diversi punta di vista la campagna militare di Enrico V in Francia.
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Gotico rurale - Eraldo Baldini
Nei primi anni del dopoguerra, quando ero ancora un bimbetto, capitava che in estate, ogni tanto, andassi con i miei genitori dagli zii che abitavano in campagna per fare il fine settimana, una villeggiatura alla buona, l’evasione dalle mura cittadine per un’immersione nella natura. Mi piaceva, ma amavo soprattutto stare alla sera, dopo cena, sotto il portico con questi miei parenti e i loro vicini, persone che intessevano una conversazione che sfociava inevitabilmente nella narrazione di qualche leggenda, fatta di morti che ritornavano a vedere i vivi, di spiriti burloni che assalivano chi passava quando era buio davanti al cimitero e che spogliavano le donne, soprattutto quelle giovani. Io ascoltavo, sgranavo gli occhi e credevo a tutto quello che dicevano, al punto che a letto, nella notte, mi sembrava di udire i passi degli spettri. Eraldo Baldini, che ha pochi anni meno di me, nativo in Romagna, territorio un tempo a notevole vocazione agricola, deve aver sentito anche lui da infante o poco più storie analoghe a quelle che ascoltavo dagli zii e deve esserne rimasto impressionato al pari di me, al punto però, diventato adulto, dal prendere come spunto le leggende rurali per dare vita a una narrazione specifica, un gotico che però non è drammatico, ma comunque inquietante, perché appare ben più probabile. Come primo contatto con questo autore ho scelto una sua raccolta di racconti intitolata Gotico rurale, dodici prose in cui Baldini mette in mostra la sua indubbia creatività, pur rimanendo strettamente osservante di quelli che erano gli usi e i riti di una civiltà contadina da tempo scomparsa. Le credenze e le superstizioni sono presenti in queste righe ed erano tipiche di un certo mondo, strettamente connesso alla natura, quasi sempre benigna, ma talvolta feroce, con il cristianesimo che non riusciva a sradicare il paganesimo, ma anzi ne subiva gli influssi. Si potrebbe dire che come si invocavano i santi, per scaramanzia si evocavano anche i principi delle tenebre, i gorghi del fiume dal quale uscivano le mani di un mostro per ghermire chi stava sulle sue rive o il tuono del temporale che era la voce del diavolo in carrozza. Dodici racconti e come sempre ce ne sono di più o meno riusciti, e tralasciando questi ultimi, mi è d’obbligo fare un breve cenno a quelli che più mi sono piaciuti, come La collina dei bambini, che ha un fondamento nella Crociata dei bambini avvenuta nel lontano 1212; A lume di candela è forse il più inquietante, con una punizione, a distanza di anni, di chi avrebbe potuto salvare una persona e invece non l’ha fatto. Ma se Chi vive nel grande olmo? gioca tutto sulla superstizione con un evento che si rivelerà del tutto naturale, Foto ricordo è spiazzante nel suo orrore, nella capacità dell’autore di sovvertire la natura umana, con una candida vecchietta che si rivela un autentico mostro. E che dire di Nella nebbia, con il paesaggio caratteristico delle valli del Po, di per sé misterioso, e che diventa tenebroso con il calare delle nebbie?
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