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Dialogo sulla gratuita' - Luisito Bianchi
Luisito Bianchi, per parlare della gratuità, ha adottato un metodo del tutto particolare, che consente di non stancare il lettore e di venire incontro con le risposte alle sue possibili domande. Ha immaginato infatti una conversazione fra un credente e uno scettico, e non un ateo perché questo, chiuso nella sua convinzione, non avrebbe posto domande, a differenza di un dubbioso il quale ha necessità di trovare un’adeguata e convincente risposta a tutti suoi quesiti.
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Brutti incontri al chiaro di luna - W. Stanley Moss
Il 26 aprile del 1944 due ufficiali inglesi, il capitano William Stanley Moss e il maggiore Patrick Leigh Fermor, entrambi membri del SOE, il braccio operativo dei servizi segreti, con l’aiuto di tre partigiani locali rapirono a Creta il comandante tedesco dell’isola, il Generale Heinrich Kreipe. Il piano, meticolosamente studiato, prevedeva inoltre che l’ufficiale tedesco fosse trasportato attraverso l’isola, transitando dal monte Ida di mitologica memoria fino alle spiagge meridionali per lì essere imbarcato su nave con destinazione l’Egitto. Se la prima parte dell’operazione era di abbastanza semplice realizzazione, grazie al travestimento con divise tedesche dei due ufficiali inglesi, il resto si presentò da subito di notevole difficoltà, nonostante gli aiuti tangibili dei partigiani cretesi. Infatti il sequestro scatenò la reazione delle truppe germaniche che batterono il territorio palmo a palmo, senza risultati però, poiché dopo giorni e giorni di scarpinate, gli audaci rapitori, sempre tirandosi dietro il loro ostaggio stranamente abbastanza collaborativo, giunsero all’appuntamento convenuto e conclusero felicemente la missione.
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Oblio e perdono - Robert Harris
Dalla penna dell’autore di Fatherland, un bellissimo romanzo distopico da cui è stato tratto l’omonimo film di grande successo mirabilmente interpretato da Rutger Hauer, è uscito questo libro che mi ha letteralmente avvinto dalla prima all’ultima pagina. Corre l’anno 1660 e in Inghilterra ritorna la monarchia dopo gli undici anni della repubblica di Oliver Cromwell, repubblica nata con la condanna a morte eseguita per decapitazione di Re Carlo I Stuart, a cui ora è subentrato il figlio Carlo II che vuole un taglio netto con il passato, perseguitando i ribelli e dando in particolare la caccia a quelli che hanno sottoscritto la sentenza grazie alla quale il padre è stato giustiziato. E’ così che vengono rintracciati quasi tutti i firmatari, che vengono poi condannati a morte, ma c’è chi riesce a fuggire, in particolare Edward Whalley e suo genero William Goffe. Non si nascondono in Inghilterra, ma riescono a salpare per l’America e ad arrivare là nelle nuove colonie. Sulle loro tracce il governo mette Richard Nayler, un autentico mastino, grato per l’incarico anche perché in tal modo conta di concretizzare una vendetta personale. I due uomini, seguaci del puritanesimo, per quanto aiutati dai confratelli, conducono una vita errabonda, fatta di paure e senza prospettive. Non vado oltre, perché se dovessi raccontare tutto farei un dispetto a chi intende leggere il romanzo e poi anche perché, per quanto dovessi cercare di essere succinto, finirei comunque per essere eccessivamente prolisso, circostanza certamente non idonea per una piacevole lettura a video.
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Il tribunale del Duce - Mimmo Franzinelli
Il Tribunale speciale del fascismo, fortemente voluto, oltre che dal duce, anche dall’Ovra, l’organizzazione volontaria per la repressione dell’antifascismo, entrò in funzione il primo di febbraio del 1927 e continuò a operare fino al 25 luglio del 1943. Superati, non senza patemi d’animo, gli effetti nefasti del delitto Matteotti, il regime vide la necessità di stroncare qualsiasi velleità di oppositori ormai clandestini per ottenere, se non il pieno consenso del popolo italiano, almeno la possibilità di dominare senza il benché minimo ostacolo e la nuova istituzione giuridica, alla cui guida erano chiamati fascisti di comprovata fede, andava bene allo scopo, contribuendo ad alimentare un’atmosfera di sospetti e di terrore tipica di tutti i totalitarismi ed indispensabile per potersi reggere. Nel solo primo decennio giudicò ben 10.693 imputati, assolvendone tuttavia 7.581 e irrogando pene, compresa quella di morte, per la differenza (76 furono le condanne a morte, di cui 58 eseguite). Non si creda tuttavia che questo tribunale avesse piena autonomia decisionale, perché in effetti in non pochi casi concertò con il duce condanne e relative pene.
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Senilità - Italo Svevo
Secondo romanzo, dopo Una vita, Senilità venne dato alle stampe nel 1898 per i tipi della Ettore Vram. Tuttavia, non era sconosciuto al pubblico, almeno quello locale, perché era stato pubblicato in 79 puntate (dal 15 giugno al 16 settembre 1898), peraltro con parecchi refusi, sul quotidiano irredentista triestino “L’Indipendente”. In breve è la storia di Emilio Brentani, un uomo di poco conto, incapace di prendere le decisioni che contano, infelice per aver tanto bramato l’amore e il piacere senza averli però raggiunti. In lui ormai vive una sorta di rassegnazione e di abulia, tipica dell’uomo che si lascia prendere e trasportare dal vento dell’esistenza, chiuso nei suoi ricordi, atteggiamento questo proprio di una vecchiaia spirituale, da cui appunto il titolo Senilità. Detto così sembrerebbe un romanzo con una trama pressoché assente, ma non è così; ovviamente non aggiungo altro, perché ben mi guardo di togliere a chi interessato il piacere della lettura. Svevo, che rammento non è il cognome dell’autore, che si avvale di uno pseudonimo, perché in effetti si chiamava Aron Hector Schmitz , e parlava indifferentemente in tedesco e in italiano, laddove l’italiano è una lingua mutuata dal triestino, non nutre simpatia nei confronti di Emilio Brentani, ma si fa supportare da una nota ironica in quanto per certi aspetti il personaggio principale assomiglia all’autore stesso, costretto a un lavoro, quello di banca, che non gli piace e che pratica solo per necessità economiche. Pur tuttavia, al di là di quello che può essere lo spunto autobiografico, Senilità ha uno scopo ben più ampio, mettendo ben in evidenza le frustrazioni, l’insoddisfazione dell’intellettuale della piccola borghesia, dividendo la società fra lottatori, che cercano di emergere, e contemplatori, che si limitano a essere spettatori del palcoscenico su cui si svolge la commedia dell’esistenza. E nel romanzo queste due classificazioni sono ben rappresentate da quattro personaggi, quasi a voler dimostrare che l’autore ha saputo ben osservare, senza intervenire nel ciclo della vita, rientrando quindi nella categoria dei contemplativi.
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Lucrezia Borgia - Maria Bellonci
Corre l'anno 1939 quando esce in lingua italiana, per i tipi della Mondadori e in lingua inglese per i tipi della Phoenix, Lucrezia Borgia, un'ampia ed esauriente biografia che va dal 1492, allorché il padre Rodrigo viene eletto pontefice, alla sua morte, avvenuta nel 1519, probabilmente per setticemia. Si tratta di un'opera monumentale, frutto di un lungo periodo di ricerche nei più svariati archivi, ed è la prima di Maria Bellonci, un esordio clamoroso, visto il successo da subito incontrato, e che fra l'altro le valse il Premio Viareggio, e la sua diffusione in moltissimi paesi del globo. Già da allora si delineava chiaro lo stile di questa storica e narratrice piemontese, uno stile che, pur non scostandosi dalle risultanze emerse dai carteggi, non solo non è mai greve, ma addirittura avvincente, tanto lega il lettore al filo del discorso con una continuità che non viene mai meno, con un ritmo per lo più incalzante che lascia tuttavia lo spazio per ponderate riflessioni e per pagine più quiete, in cui si sviluppa un linguaggio di soffusa poeticità che dà respiro a un lavoro innegabilmente complesso. In buona sostanza Maria Bellonci è in grado di narrare la storia, intessendo una trama senza voli di fantasia, se non per le personali considerazioni in ordine ai vari protagonisti. Che Lucrezia Borgia di per sé sia un personaggio di estremo interesse è fuor di dubbio ed è stata vista dagli storici via via come diabolica avvelenatrice, soprattutto per quelli che all'epoca trovavano vantaggiosa questa definizione, oppure come fanciulla infelice perché piegata alla ragion di stato, fondamentalmente innocente, ma purtroppo succube del padre e del fratello Cesare. Al primo, come scrive Maria Bellonci, somigliava nel suo modo gioioso d'aver fede in tutte le promesse del futuro; ma si può anche aggiungere che ne era la figlia anche per una innata carnalità, di cui tuttavia all'epoca nessuno si meravigliava; abile nel condurre anche una signoria, differiva dal genitore e dal fratello in quanto immune da una smania di grandezza volta a costituire uno stato dominato dai Borgia, anche in danno della Chiesa stessa. E per far questo, non esitavano a ricorrere alle arti diplomatiche per legare, tramite uno sposalizio, questa o quella signoria, così come utilizzavano metodi più spicci, come l'eliminazione fisica di un avversario, pratiche entrambe che, tuttavia, erano in quel periodo storico assai diffuse. A questo punto è indubbio doversi chiedere chi in realtà sia stata Lucrezia Borgia? Fra accusatori e difensori dei Borgia Maria Bellonci si pone in una prospettiva diversa, come appunto risulta da alcune righe di una Nota generale posta al termine dell'opera. Scrive: Scrivendo questa storia, ho inteso non tanto di rifare il secolare processo ai Borgia, quanto di rappresentarli nel loro modo quotidiano, caldo e naturale di stare al mondo, in una prospettiva umana di individui, non mostruosa di criminali. E poiché ho preso a narrare particolarmente di Lucrezia Borgia, aggiungerò che ella è stata di tutta la famiglia la più maltrattata, e dagli accusatori e dai paladini: un vero destino da donna.
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Marco Polo - Maria Bellonci
Come certamente noto Il Milione è un saggio biografico scritto da Rustichello da Pisa sotto dettatura di Marco Polo allorché entrambi, presumibilmente nel 1298, si trovavano prigionieri di guerra dei genovesi.
Indubbiamente diverso dai suoi testi famosi, quali Lucrezia Borgia, Segreti dei Gonzaga e Rinascimento privato, mantiene tuttavia il rigore di una biografia strettamente attinente alla vita del protagonista, con una felice trasposizione narrativa che rende il tutto assai più scorrevole e di grande gradimento da parte del lettore. Senza essere didascalico, è caratterizzato dalla capacità di lasciare alla fantasia di chi legge immaginare, vedere con i propri occhi ciò che opportune e mai troppe indicazioni rendono possibile. Certo non ci troviamo di fronte a personaggi come Lucrezia Borgia o Isabella d'Este, ma quel mondo lontano, che solo da non molto tempo ci sembra più vicino, rivive in un'aureola di meraviglia e mistero che non sgomenta, ma attrae irresistibilmente. Il palazzo estivo di Kublai Khan, costituito da una miriade di tende, l'incontro con i Lama del Pamir e con i mitici pescatori di balene, il rito del matrimonio tra bambini morti emergono da queste pagine, si offrono prepotentemente per farci capire un mondo che all'epoca appariva talmente lontano dall'occidente da essere considerato inabitabile e inabitato, e invece anche là si nasceva, si viveva, ci si amava, si combatteva e si moriva, né più né meno come in ogni angolo di questa terra, a ogni latitudine, in ogni epoca. Se la distanza geografica era immensa, Marco Polo fece sentire vicini gli abitanti di quelle terre lontane e Maria Bellonci ha saputo, in questa sua trascrizione, mantenere lo spirito dell'esploratore veneziano, la cui presenza, pur se discreta, è quella di un uomo che vuole conoscere, desidera sapere, è pronto a tendere un mano per innalzare un ponte ideale fra Occidente e Oriente.
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La notte della cometa - Sebastiano Vassalli
Dino Campana nacque a Marradi il 20 agosto 1885 e morì a Scandicci il 1° marzo 1932.
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Il Corsaro Nero - Emilio Salgari
Emilio Salgari potrebbe essere definito un narratore compulsivo, tutto teso durante il giorno, e spesso anche la notte, a scrivere i suoi romanzi, ma il motivo di questa intensa produzione letteraria era molto meno nobile ed era dovuto alla necessità di incassare denaro per mantenere la sua famiglia, per fronteggiare le costose spese per le cure della moglie quando iniziò a dare i primi segni di follia e infine quando dovette essere rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Fra l´altro questa frenetica attività, che affrontava fumando di continuo e alimentandosi soprattutto con del marsala, derivava anche dal contratti capestro (minimo tre libri l´anno) che aveva stipulato con gli editori. Poco considerato all´epoca negli ambienti letterari fu rivalutato molti anni dopo e gli venne riconosciuta la straordinaria capacità di scrivere opere adatte soprattutto ai ragazzi, ma che potevano interessare anche gli adulti. Parecchi anni fa i suoi libri furono fra le mie letture preferite, in particolare Il Corsaro Nero, considerato il suo romanzo migliore. Del resto vi aveva profuso tutta la sua immensa fantasia, perché Salgari scriveva della Malesia e dei Caraibi senza mai averli visti, chino sul foglio che andava riempiendo, fra una boccata di fumo e un sorso di marsala. Eppure, riletto al giorno d´oggi, Il Corsaro Nero è ancora in grado di interessare un anziano come me, ma anche i ragazzini abituati a giochi computerizzati e che raramente sanno chi sia Emilio Salgari. Del resto la trama, inserita nella guerra condotta da Francia e Inghilterra contro la Spagna, ricorrendo a navi corsare, è una di quelle che non può non avvincere, con la spedizione per assaltare Maracaibo, con la figura del Corsaro Nero, Emilio di Roccabruna, signore di Ventimiglia, impegnato a vendicare la morte del fratello maggiore, con una serie di tranelli, di tradimenti, di scontri e perfino con una parentesi d´amore, che però non si conclude felicemente. Il piatto forte è la spedizione contro Maracaibo, con l´attraversamento della foresta vergine, con immancabili incontri con animali feroci e indigeni antropofagi. Ci sono indubbiamente delle ingenuità, i personaggi sono stilizzati, o tutti buoni o tutti cattivi, ma l´opera nel suo complesso non è diseducativa e ha il pregio di attivare la fantasia dei ragazzini che la leggono. Sotto questo aspetto è senz´altro preferibile a certi spettacoli insulsi propinati dalla TV proprio agli adolescenti del giorno d´oggi e quindi la lettura è senz´altro da me consigliata, consapevole che potrebbe anche interessare persone di una certa età. RENZO MONTAGNOLI - 1 anno fa |
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L'orsacchiotto - Georges Simenon
Il professor Jean Chabot, medico ginecologo, è un professionista affermato, con una clinica di proprietà e un incarico all´università. Dovrebbe, pertanto, essere un uomo appagato, ma non lo è, perché conduce un´esistenza di assoluta monotonia, fatta di clinica, casa e amante. E´ un individuo incapace di relazionarsi con passione con gli altri, compresi i suoi familiari e anche la segretaria, ultima delle amanti in ordine di tempo. Ciò nonostante tutto sembra procedere regolarmente in questo percorso esistenziale in cui l´abitudine regna sovrana. Come chiuso in un bozzolo vive senza particolari entusiasmi e patemi d´animo, in un un crescendo di monotonia di cui pare non accorgersi fino a quando apprende di una giovane suicida ripescata nella Senna, una ex inserviente della clinica con cui aveva avuto un amplesso fugace una notte e che gli era sembrata, semi addormentata come lo fu in quell´occasione, un orsacchiotto nel letto di un bimbo. Se i motivi del tragico gesto non erano noti, certa era la sua gravidanza, giunta al quarto mese, di cui con ogni probabilità era da ritenersi responsabile Chabot. In un´altra persona sarebbe subentrato un senso di rimorso, nel nostro professore invece si incrina qualcosa, comincia a fessurarsi quel bozzolo di certezze in cui è rinchiuso. Inizia così una progressiva discesa all´inferno, contraddistinta da tanti piccoli episodi, come un´incertezza nel corso del travaglio di una partoriente, di cui il medico non trova ragione senza darsi pace, fino a quando si rende conto di quanto la sua vita sia insoddisfacente. Incapace di un effettivo trasporto verso i suoi familiari e addirittura anche verso la sua sua segretaria e amante comprende l´inutilità della sua esistenza, consapevole che quella posizione di prestigio raggiunta con la sua professione non può assolutamente garantirgli il piacere di vivere. Non vado oltre, per non togliere al lettore il piacere di una lettura che lo porterà, assai interessato, a un finale logico, anche se in un certo senso imprevisto.
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