Morte di un uomo felice di Giorgio Fontana costituisce con Per legge superiore un dittico avente il medesimo personaggio protagonista. La cronologia risulta però sfalsata: il secondo libro edito è cronologicamente antecedente al primo.
Ci troviamo nella Milano del 1981 ed il protagonista è Giacomo Colnaghi, un magistrato che indaga sulle azioni di una banda armata che ha ucciso un politico democristiano. La tematica non ci deve però trarre in inganno inducendoci ad incasellare questo testo come un romanzo d’inchiesta o di cronaca giudiziaria. Lo stesso autore sostiene che il suo lavoro sia un “romanzo di padri e figli” ed effettivamente il legame padri-figli è uno dei temi portanti del libro. In realtà, il rapporto del protagonista con il padre è interamente giocato sull’assenza: egli non ha mai conosciuto il genitore, morto in un’azione partigiana, e di lui non è stata conservata nemmeno la memoria in quanto la famiglia lo ha rinnegato vergognandosi di lui perché si era ribellato all’ordine costituito. Il Colnaghi è comunque costantemente alla ricerca di informazioni che lo riguardino e mira di continuo ad un confronto con lui. Giacomo inoltre soffre perché teme di essere a sua volta un padre assente nei confronti del figlio maggiore: un ragazzino di debole costituzione al quale sente di non riuscire a fornire l’appoggio di cui avrebbe bisogno. Siamo quindi alle prese con un uomo scisso, fortemente articolato, sfumato. Come l’autore ha dichiarato, non era suo obiettivo delineare la figura del magistrato tutto d’un pezzo in missione contro il terrorismo rosso ma voleva tratteggiare un personaggio ben più complesso. Lo spessore d’animo del Colnaghi va inevitabilmente ad influire anche sul calibro delle indagini da lui condotte: esse non sono mere ricerche volte ad individuare il colpevole ma tentativi di fare chiarezza e di comprendere le ragioni di entrambe le parti in causa. Evidentemente quest’approccio deriva dalla doppia anima del protagonista: magistrato democristiano, conservatore ma orfano di partigiano.
Consiglierei quindi la lettura di questo testo, finalista all’edizione 2014 del premio Campiello. Tra le sue pagine si ha la possibilità di incontrare un personaggio di indubbio spessore.
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Morte di un uomo felice - Giorgio Fontana
Morte di un uomo felice di Giorgio Fontana costituisce con Per legge superiore un dittico avente il medesimo personaggio protagonista. La cronologia risulta però sfalsata: il secondo libro edito è cronologicamente antecedente al primo.
Ci troviamo nella Milano del 1981 ed il protagonista è Giacomo Colnaghi, un magistrato che indaga sulle azioni di una banda armata che ha ucciso un politico democristiano. La tematica non ci deve però trarre in inganno inducendoci ad incasellare questo testo come un romanzo d’inchiesta o di cronaca giudiziaria. Lo stesso autore sostiene che il suo lavoro sia un “romanzo di padri e figli” ed effettivamente il legame padri-figli è uno dei temi portanti del libro. In realtà, il rapporto del protagonista con il padre è interamente giocato sull’assenza: egli non ha mai conosciuto il genitore, morto in un’azione partigiana, e di lui non è stata conservata nemmeno la memoria in quanto la famiglia lo ha rinnegato vergognandosi di lui perché si era ribellato all’ordine costituito. Il Colnaghi è comunque costantemente alla ricerca di informazioni che lo riguardino e mira di continuo ad un confronto con lui. Giacomo inoltre soffre perché teme di essere a sua volta un padre assente nei confronti del figlio maggiore: un ragazzino di debole costituzione al quale sente di non riuscire a fornire l’appoggio di cui avrebbe bisogno. Siamo quindi alle prese con un uomo scisso, fortemente articolato, sfumato. Come l’autore ha dichiarato, non era suo obiettivo delineare la figura del magistrato tutto d’un pezzo in missione contro il terrorismo rosso ma voleva tratteggiare un personaggio ben più complesso. Lo spessore d’animo del Colnaghi va inevitabilmente ad influire anche sul calibro delle indagini da lui condotte: esse non sono mere ricerche volte ad individuare il colpevole ma tentativi di fare chiarezza e di comprendere le ragioni di entrambe le parti in causa. Evidentemente quest’approccio deriva dalla doppia anima del protagonista: magistrato democristiano, conservatore ma orfano di partigiano.
Consiglierei quindi la lettura di questo testo, finalista all’edizione 2014 del premio Campiello. Tra le sue pagine si ha la possibilità di incontrare un personaggio di indubbio spessore.